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Tutto quello che avresti voluto sapere sul coaching e non hai mai osato chiedere! Secondo l'International Coaching Federation (ICF), il coaching è una partnership con il cliente (individui e team) che attraverso un processo creativo stimola la riflessione, ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale. Per farlo, il coach si avvale delle proprie competenze e strumenti: si concentra su ciò che il cliente dice e non dice, per supportare l'auto-espressione e l’esplorazione; facilita le intuizioni e l'apprendimento del cliente utilizzando domande, silenzio, metafore, analogie...   Ma perché intraprendere un percorso di coaching?   Il coaching porta anzitutto a una crescita di consapevolezza. Grazie ad esso, si può diventare più consapevoli di tutto, potenzialmente! Delle proprie emozioni, dei propri pensieri e dei propri comportamenti, e di come si combinino tra loro originando schemi ricorrenti; dei propri bisogni, priorità, valori e obiettivi; dei punti di forza e delle skill da nutrire. Grazie al coaching ciascuno di noi può scoprire nuovi mondi e nuovi modi (di esplorare, pensare, fare…). Ma il coaching non accresce solo la consapevolezza di sé: può essere un valido supporto anche nell’accrescere la consapevolezza dell'altro. Il coaching ci può aiutare a comprenderne a fondo il linguaggio, le emozioni, gli schemi…a valutare l’impatto che i nostri comportamenti possono avere su chi è in relazione e a scegliere, di conseguenza, cosa fare (e come fare), per avvicinarci all’impatto che desideriamo. Quante volte ci è capitato di avere comportamenti disallineati rispetto alle esigenze degli altri (ascoltando poco; dando scarsi riconoscimenti; prendendoci tutta la scena…) e poi sentirci frustrati perché non abbiamo ricevuto la loro collaborazione nel momento del bisogno? Oppure di restare fermi, aspettando che fossero gli altri a fare, perché “era giusto così”, perché “dovevano pensarci”…, finendo con il non ottenere nulla? Il coaching ci offre l'opportunità di riflettere prima di agire, di riflettere sul perché non stiamo agendo; di definire strategie costruttive; ci supporta nel riconoscere e allenarci a gestire le nostre emozioni, a sviluppare le nostre abilità di comunicazione, a creare relazioni (e opportunità) personali e professionali sane e soddisfacenti. E’ cosi che il coach, attraverso domande, feedback e altri strumenti, accompagna il cliente (individuo e team) a trasformare la consapevolezza, l'apprendimento e l'intuizione in azioni. Il coachig libera potenza. Il coaching libera potenziale. Il coaching libera…portando il focus, mettendo l’accento sul presente (il tanto citato “qui e ora”). Il coaching usa il passato come lezione di vita: non ha la pretesa di risolvere ciò che è già stato, che è, appunto, passato, andato, chiuso, su cui non possiamo più agire ma da cui possiamo rimanere bloccati, se il nostro pensiero resta li a crogiolarsi…a interrogarsi….Ci permette invece di guardare al passato per ricavarne apprendimenti utili per il nostro oggi (per gli amanti di Baglioni : la vita è adesso), a servizio di una costruzione consapevole del nostro futuro. Ci accompagna a comprendere come procedere un passo alla volta, verificando l’efficacia delle nostre azioni e l’adeguatezza delle nostre risorse rispetto ai nostri obiettivi, permettendoci così, gradualmente, di raggiungere la nostra meta, oppure, di scorgere, un progresso dopo l’altro, da una nuova visuale, una nuova meta, più rilevante per noi. Prova a immaginare di essere a bordo di un treno ad alta velocità: certo, arriverai rapidamente alla meta ma di cosa potrai accorgerti nel tragitto? Vedrai panorami? Scoprirai mete intermedie che potrebbe valere la pena di visitare? Avrai tempo sufficiente per goderti il viaggio? No. A bordo di un treno regionale, invece, potrai provare impazienza. Ma avrai ‘opportunità di osservare i numerosi panorami che si susseguono; potrai vedere come cambiano, godere dell’ispirazione della molteplicità di scenari e prospettive. Potrai decidere che, forse, una fermata in più per esplorare, ti potrebbe piacere e servire. Potrai scegliere con più lucidità. C’è un però. Prima di avviare un percorso di coaching, è bene che si concordi sulle reciproche responsabilità (tema cardine nelle competenze del coach). Da coach lo ricordo ogni volta: posso accompagnare te o il tuo team a vedere che c'è una porta, a scoprire come aprirla con gli strumenti che hai a disposizione, a comprendere gli eventuali ostacoli e identificare come superarli… ma la scelta finale di aprire la porta e varcare la soglia spetta solamente a te. In questo, per me, sta la bellezza del coaching : promuovendo l'autonomia del cliente, creando Indipendenza, perché ciascuno di noi ha i suoi strumenti, basta solo avere voglia di scoprirli e metterli in azione!

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La prospettiva della mancanza e quella dell’abbondanza “Se potessi avere una casa più grande, non ci sarebbe tutto questo disordine. E poi, se avessi più soldi, altro che questi mobili …beato Marco che si può permettere di comprarsi anche il tavolo in cristallo, fatto da un artigiano” “Se fossi più magro, farei meno fatica a trovare abiti adatti a me” “Con la vita che faccio posso vedere i miei amici solo una volta al mese” “Non sono riuscito ad avere quel posto da dirigente” “Le uniche persone che ancora frequento sono Lucia e Giovanni”  _______________________ “Ho una casa. Piccola ma ho una casa. Ed è stata una conquista. Sono anche riuscita ad arredarla. Certo, magari i miei mobili non sono di gran lusso ma fanno il loro dovere e mi permettono di sentirmi circondata da qualcosa che mi rispecchia e mi accoglie” “Beh, non sarò magro ma mi gusto la vita! E poi, ora, si trovano più facilmente i pantaloni che in cintura hanno anche l’elastico, il che mi fa sentire più comodo e a mio agio, anche con qualche chilo in più” “Nonostante abbia un lavoro impegnativo e tanti impegni di famiglia, riesco anche a organizzare qualche cenetta e qualche weekend insieme agli amici. Li vedo ogni mese!” “Anche se non sono ancora riuscito a diventare dirigente so che lavoro bene e mi rende orgoglioso lasciare la mia impronta in ciò che faccio” “Lucia e Giovanni riempiono la mia vita: so che posso contare su di loro e mi sono vicini. Non è da tutti avere qualcuno che ci tiene davvero”   L’hai già notato, vero? Le frasi del primo blocco e quelle del secondo blocco raccontano esattamente la stessa situazione. Cosa le rende cos' diverse? La prospettiva.   Le prime frasi guardano la vita dalla prospettiva della mancanza: il focus è su ciò che non abbiamo Le seconde guardano la vita dalla prospettiva dell’abbondanza: il focus è ciò che abbiamo.   Se nutriamo la prospettiva della mancanza sarà sempre più complesso essere soddisfatti, gioire: troveremo sempre un buon motivo per non farlo. E con grande probabilità riusciremo anche a sabotare i momenti belli che ci si pareranno di fronte…sino a non notarli neanche più, tanto saremo carichi della frustrazione e dello sconforto che noi stessi avremo alimentato. Se nutriamo, invece, la prospettiva dell’abbondanza, giorno dopo giorno ci accorgeremo sempre di più di tutto il bello che abbiamo a portata di mano, di quanto possiamo essere grati e di quanto sia bello essere grati. La gratitudine alimenta il nostro senso di pienezza, soddisfazione, gioia. E alimenta pienezza, soddisfazione, gioia anche in chi sta vicino a noi.   Una prospettiva di abbondanza non solo ci aiuta ad apprezzare ciò che abbiamo, ma ci offre anche la possibilità di cogliere nuove opportunità, trovare soluzioni creative e superare le difficoltà con una mentalità aperta, curiora, vivace e risoluta. E può anche impattare positivamente sulla nostra salute mentale e fisica!   Possiamo scegliere se sorridere alla vita o lasciare che il nostro sorriso si spenga. Possiamo scegliere se portare luce o ombra. Possiamo scegliere che occhiali indossare quando ci guardiamo dentro e ci guardiamo attorno.   Se ci regaliamo ogni giorno anche un solo momento per apprezzare ciò che abbiamo ci renderemo conto di quanto siamo ricchi e ci sentiremo sereni, potenti e persino felici.  

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Le emozioni sono sempre positive! Le emozioni sono guide preziose che ci accompagnano nel viaggio della vita: ognuna porta infatti con sé un messaggio, che ci sa indicare la direzione da prendere.   ⇒ La gioia, ad esempio, ci mostra ciò che dobbiamo continuare a coltivare ⇒ la paura, ci avverte che c’è qualcosa a cui prestare attenzione, preparandoci a fronteggiare situazioni potenzialmente critiche, difficili.   Nonostante possano manifestarsi in forma piacevole o spiacevole, in modo più o meno intenso, le emozioni sono utili e funzionali, se siamo disposti ad aprirci ad esse e apprendere dalla loro saggezza.   ♥ Le emozioni, dunque, sono sempre positive.   Una  leggenda Cherokee narra che in noi vivono due lupi: uno bianco, gentile, mite, equilibrato; l'altro nero, aggressivo, rumoroso, pauroso. Se scegliamo di nutrire solo il lupo bianco, quello nero, sentendosi messo da parte e affamato, aspetterà in agguato e sarà pronto ad aggredire con vigore crescente, per farci vedere che esiste e che merita di essere ascoltato, perchè anche lui ha qualcosa da darci, perchè anche lui viaggia con noi, ogni giorno.  Se invece nutriamo enrambi i lupi, ognuno rispetterà il suo spazio e ci regalerà la sua presenza, al bisogno.    Come è importante che prestiamo attenzione  sia al lupo bianco che al lupo nero, così è importante che prestiamo attenzione a ogni emozione, sia essa piacevole o spiacevole.  Le emozioni che respingeremo, infatti, reprimendole o ignorandole, alzeranno sempre di più la voce,  per farsi ascoltare, sino a travolgerci.    Ascoltare, riconoscere e accogliere le nostre emozioni, ci permette di farle lavorare con noi, per il nostro benessere e il nostro successo: le emozioni sono infatti un ponte tra noi e il mondo, tra la nostra mente e il nostro corpo, tra noi stessi e gli altri.       Se vuoi saperne di più sulle emozioni e sull'intellogenza emotiva, contattami per unirti alla prossima edizione del Master in gestione delle emozioni "The Emotional Bridge" (in partnership con la scuola do coaching "Evolutionary Coaching School) - dedicato ai coach professionisti e ai manager d'azienda percorsi formativi e di coaching personalizzati test di intelligenza emotiva iscriverti alla newsletter gratuita "intelligenza liquida"

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Il calcio per ipovedenti: cosa ci insegna su teamwork e talenti? Ho scoperto l’esistenza del calcio per ipovedenti seguendo le paralimpiadi. È uno sport che mi ha affascinata perché mostra come: -          andare oltre le convenzioni -          nutrire i propri talenti -          allenare una visione sistemica possano condurre a risultati straordinari!    Nel calcio per ipovedenti ⇒La palla è dotata di un dispositivo che emette un segnale acustico. -          Il suono è integrato per aiutare i giocatori a individuarla durante la partita   La palla risulta uno strumento adeguato, poiché rivista rispetto allo standard in relazione al contesto   ⇒ Il portiere è l’unico giocatore vedente   -          Il portiere, vedente, può guidare la squadra nell’organizzare la difesa, ottimizzando la disposizione in campo.   La sua comunicazione risulta efficace se attiva la voce (dando indicazioni, es.: “un passo più a destra”, “due passi indietro” …) e il tatto (orientando con tocchi e movimenti i compagni di squadra), perché voce e tatto veicolano messaggi che i giocatori (i riceventi, nella comunicazione) possono comprendere e sulla cui base possono agire.   Il portiere, dunque, acquisisce informazioni con le proprie abilità (tra cui quella visiva) e le trasferisce secondo i mezzi e il modello ricettivo della squadra a cui il messaggio è destinato, NON secondo il proprio!   ⇒ La guida è un membro del team che resta esterno al campo da gioco -          la guida indirizza gli attaccanti con la voce -          e, dietro la porta avversaria, restituisce indicazioni sonore battendo sui pali, per far comprendere, a chi è pronto a realizzare, l’area all’interno della quale indirizzare il pallone - La guida, come il portiere, comunica facendo leva sull’udito dei compagni di squadra e anche sul loro senso di spazialità (che viene allenato con costanza e profondità da ogni giocatore).   Cosa possiamo imparare dal calcio paralimpico? Cosa possiamo portare nella gestione della nostra attività lavorativa? E nella vita privata? Io ci ho visto questo: -          è fondamentale nutrire le nostre attitudini, i nostri talenti (a partire da un uso sempre più consapevole e ricco dei nostri sensi!) per cogliere il maggior numero di informazioni utili per raggiungere l’obiettivo di team (nel caso del calcio paralimpico vanno nutrite spazialità, coordinazione, feedback, comunicazione assertiva, concentrazione, ascolto attivo…) -          per essere chiari e comprensibili dobbiamo usare mezzi, linguaggio e stile di comunicazione appropriati alla situazione e alla controparte…costruire una lingua comune condivisa da tutti i membri (e questo va fatto insieme, tenendo presenti le caratteristiche uniche e i bisogni specifici di ogni persona) -          ciascuno ha un suo ruolo in un team, che va rispettato per raggiungere il successo: la guida deve fare la guida e stare fuori dal campo perché, se giocasse non potrebbe dare indicazioni utili agli altri, che potrebbero trovarsi disorientati di fronte alla porta. Gli piacerebbe entrare in campo? Forse si. Sarebbe funzionale al team? No! Quando ognuno fa la sua parte e mantiene il suo posto, si possono raggiungere traguardi insieme che altrimenti sarebbero inaccessibili.   E tu cosa ci vedi?  

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Pronti per attraversare? La transizione nell’età di mezzo La trasformazione è un fenomeno che coinvolge tutte le età della nostra vita, ma è nella fascia compresa tra i 40 e i 60 anni che essa assume un'importanza particolare. In questo periodo, infatti, accadono molte cose che possono mettere a dura prova la nostra forza interiore: -          l’età della pensione si avvicina -          sentiamo di avere meno forze e risorse per il futuro -          può essere difficile rapportarci con organizzazioni che ringiovaniscono nell’organico: diminuisce il potenziale di socialità; calano gli stipendi medi rendendoci “costosi” rispetto alla media; la forza e la determinazione personale di chi ha ormai una lunga esperienza alle spalle può risultare critica, complessa da gestire -          non è più così immediato pensare di poter cambiare lavoro, passando da una azienda all’altra, perché troppo qualificati, non nativi digitali, costosi -          le continue negoziazioni con i figli adolescenti ci frustrano -          l’abbandono del nido dei figli che iniziano la propria vita adulta ci dà un senso di vuoto -          la fatica e l'impegno richiesti dal diventare "care giver" dei nostri cari, ormai anziani, sono drenanti energetici ed emotivi   Se ti trovi nell’”età di mezzo”, sai di certo che quelli che hai letto qui sopra sono solo alcuni esempi della complessità e dell’incertezza che caratterizzano questa fase della vita, in cui il nostro equilibrio può facilmente vacillare, facendoci perdere focus, entusiasmo, benessere. E rendendoci anche meno piacevoli agli altri, perché potremmo apparire schivi, pessimisti, annoiati oppure aggressivi, cinici e saccenti.   L’età di mezzo è una transizione, che avviene comunque, anche se non la gestiamo.     E se non la gestiamo, se ci lasciamo trasportare dalla corrente invece che metterci al timone della nostra barca, il groviglio dei nostri pensieri ed emozioni, l’affanno, il senso di instabilità rischiano di sopraffarci. Se lasciamo che ciò accada non saremo in grado di scorgere le opportunità che, invece, possiamo avere anche in questa transizione, così complicata. Oltre a una buona dose di incertezza, infatti, l’età di mezzo porta con sé anche strumenti e risorse, potenziati in modo unico dall’esperienza. Ed è proprio la saggezza dell’esperienza, maturata negli anni, che ci può offrire la chiave per affrontare con centratura e determinazione le nuove sfide che la vita ci propone.   Ma come fare per abbracciarla e usarla al meglio?   È qui che entra in gioco il coaching! Ti trovi su una sponda di un grande lago. Sai che vuoi arrivare dall’altra parte. Dentro di te, sai anche che puoi farlo. La sponda l’hai già vista. Ti serve solo qualcuno che ti aiuti a trovare ciò che hai per attraversare il lago.   È così che vedo la potenza trasformativa del coaching, fondamentale per i manager nell’età di mezzo: una guida imparziale che ti aiuta a -          esplorare soluzioni che non avevi considerato prima -          ampliare il tuo modo di pensare e valutare nuove opportunità e direzioni da prendere -          comprendere gli ostacoli che potresti trovare, a vedere e affinare gli strumenti per superarli efficacemente -          scoprire nuove prospettive di te stesso -          ritrovare la spinta della motivazione interiore Consapevole dei tuoi strumenti e della loro saggezza potrai affrontare ogni nuova sfida con successo e trasformare ciò che ti sembra un momento confuso, che prelude alla fine di un percorso, in un nuovo entusiasmante inizio.

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Il coaching fa brillare il talento Quando ho iniziato il mio lavoro di coach in molti mi hanno chiesto “Ma esattamente cosa fai? Cos'è un coach?”Ho dato le risposte più varie, cercando di tradurre in parole una professione il cui valore, nella mia opinione, può essere compreso pienamente in tutta la sua potenza, solo con l’esperienza. ICF, l’international Coach Federation, presso cui mi sono certificata come Professional Coach, definisce il coaching e il coach ICF in questo modo: “Il coaching è una partnership con i clienti che attraverso un processo creativo stimola la riflessione ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale”“Un coach ICF accetta di utilizzare le Competenze Chiave ICF e si impegna a rispettare il Codice di Condotta ICF ed esserne responsabile” Io compresi il senso profondo del coaching quando accompagnai una persona bendata per le vie di Milano senza poterle parlare, senza poterla guidare. Anzi, era proprio la persona bendata a decidere il percorso!Questa persona aveva un obiettivo: camminare e godersi la passeggiata.Io avevo un obiettivo: fare in modo che la persona raggiungesse il suo obiettivo, accompagnandola, restituendole dei segnali in momenti importanti, di snodo - per segnalarle ad esempio la presenza di un ostacolo, di un gradino sul suo cammino.Ma non potevo usare la voce, né spingerla o tirarla, perché il percorso era il suo. E suoi gli strumenti (gambe, braccia, olfatto…). Potevo solo dare con la mano una leggera stretta al suo braccio. La persona che accompagnavo a volte non imboccava una strada, nonostante il mio segnale, e andava dritta verso un muro. Ma arrivata al muro la mia stretta al braccio per lei assumeva un altro significato, si caricava di senso perché in quel momento “vedeva” il muro, ne faceva esperienza, e si girava da sola.La sintonia cresceva piano piano, come la fiducia (che era però un prerequisito essenziale dell’esercizio).Fu una esperienza straordinaria. Nel senso letterale: fuori dall’ordinario, quasi magica. Ecco, in quel momento io ero il coach. Il coach è colui che accompagna, facilita la sperimentazione di nuove prospettive e opportunità ma non sceglie la strada. Il coach gestisce il processo, ma non decide gli obiettivi. Le scelte sono del partner: scelte sul se, sul cosa, sul quando e sul come. Il partner ha piena responsabilità e autonomia nel proprio percorso. Il coach fa domande, restituisce sintesi, è lo specchio del coachee. E’ un mezzo, attraverso cui il partner impara a conoscersi meglio, a vedere gli strumenti che ha, a riconoscere gli ostacoli e a superarli.Quando? Ogni volta che c’è qualcosa in gioco: una sfida, una opportunità, il desiderio di ottenere risultati nella vita privata o lavorativa.Il coaching è servizio. Il coaching fa brillare i talenti, che ognuno ha dentro di sé: per questo amo il mio lavoro. Se hai voglia di approfondire il codice etico dei coach con certificazione ICF clicca qui : Codice Etico Se hai voglia di approfondire le competenze chiave del coaching clicca qui: Core Competencies

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STORIES: Dawn Duncan, Trainer & Advisor Benvenut* in STORIES, un viaggio attraverso le storie di persone che hanno costruito il loro successo, passo dopo passo. Lasciati ispirare e traccia il tuo percorso: c'è un mondo pieno di possibilità per far brillare i tuoi talenti. Oggi è con noi Dawn Duncan, con la sua storia di ascolto profondo e apprendimento continuo. Dawn vive secondo questo mantra: "Le parole hanno il potere di ferire o guarire; non sono mai neutrali. Sono chiamata a usare parole per guarire".   Benvenuta Dawn, vuoi presentarti? Sono Dawn Duncan, professore emerito. La mia cattedra è legata ad Arti e Umanità: ho 3 diverse lauree (giornalismo, teatro ed educazione, inglese) e le ho usate tutte! Ho iniziato a lavorare con Narrative4 tre anni prima di andare in pensione. Continuo a facilitare, educare, insegnare...sono ruoli che mi permettono di usare le parole in modo potente. Amo le persone e voglio usare le parole in modo che aiutino davvero l.   Puoi dirci qualcosa di più sul tuo lavoro e su Narrative4? Conobbi, Colum McCann, il presidente di Narrative4, quando insegnavo letteratura. Vidi ciò che stava facendo usando il potere delle storie e decisi di portarlo in Università: volevo che  i miei studenti non solo vivessero lo scambio di storie ma che si formassero anche per facilitare! Insegnavo in Minnesota e pensai "qui possiamo fare qualcosa". Così, con i miei studenti, mettemmo insieme  immigrati, rifugiati e la popolazione caucasica, per creare uno scambio di storie che avrebbe aiutato a ridurre l'ostilità tra le diverse comunità. L'ascolto e la comprensione reciproca furono proprio facilitati attraverso il racconto delle storie personali.  Ed fu potente! La BBC fece risuonare ciò che stavamo portando avanti e ciò contribuì a cabiare gli atteggiamenti, aiutando le persone a comprendere che ciasucno, nella sua unicità, qualsiasi sia la sua etnia, porta un valore aggiunto alla comunità. Ora non lavoro più con i miei studenti. Sono una Master Practitioner in Narrative4 e sono chiamata a formare altre persone a facilitare e come consulente per College e Università. Lavoro anche come volontaria nelle comunità.  Lavoro molto online, perché è un ottimo modo per raggiungere le persone di tutto il mondo! Con N4 siamo ormai arrivati in quattri continenti e i nostri numeri continuano a crescere: il bisogno è grande.  Lo "scambio di storie" può essere utilizzato ovunque, con chiunque, ma i giovani adulti sono il nostro focus: vogliamo che la prossima generazione di leader sappia esercitare l'Intelligenza Emotiva e l'Empatia per essere in grado di risolvere i problemi.   Quali talenti deve avere (e allenare!) una buona facilitatrice per essere in grado di gestire correttamente le persone? Anzitutto deve mettere da parte il proprio ego: bisogna essere disposti a far sentire ogni persona nella stanza più importante di noi. È lo stesso principio che porto con me in aula: voglio che ogni studente sappia di essere capace e di trovare la propria voce. Poi è necessario avere una genuina curiosità. Io, è vero, ho studiato molto. Ma se non fossi aperta a nuove esperienze e nuovi apprendimenti non potrei assolutamente fare questo lavoro. È anche necessario avere cura delle persone. E' fondamentale concentrarsi sull'altro,  essere completamente presente, mettendo tra parentesi tutte le altre cose che ci sono accadute. Narrative4 mi ha insegnato ad ascoltare diversamente. Mi ha insegnato l'ascolto profondo; mi ha insegnato a rallentare. Infine, penso che l'abilità con le parole sia importante: espandi il tuo vocabolario e conosci il tuo pubblico!   Cosa intendi per successo e cosa per fallimento? Successo e fallimento sono legati insieme e ne ho avuti in abbondanza! Il fallimento è quando non ti riprendi e dai la colpa della tua caduta ad altre persone o a eventi esterni . Ho spiegato spesso ai miei studenti la differenza tra eccellenza e perfezionismo: se sei un perfezionista non permetti la critica, mentre se cerchi l'eccellenza sai di poter sempre fare meglio e accetti la critica e cresci! E questo è collegato con la resilienza e il successo: alzati, vai avanti e impara! Non misuro il successo in base alla posizione o al denaro, ma in base allo scopo e al suo raggiungimento per un bene migliore.   Quando è troppo tardi per cambiare? Quando sei morto! Non è mai, mai troppo tardi. Sono stata una professionista del teatro per circa 10 anni, eppure non sentivo che fosse la mia strada. Mio marito mi chiese: "Cosa ti piacerebbe fare se potessi fare qualunque cosa?" Io risposi: "Vorrei essere una professoressa di inglese". Lui mi disse: "Beh, vai e fallo, e anche se non hai ancora una laurea in inglese, trova un modo per farlo!". Così ottenni il mio dottorato. Lo feci più tardi di altre persone, ma sento che avere vissuto in precedenza la vita dell'Accademia mi ha permesso di essere una insegnante migliore.  Possiamo sempre diventare la persona che vogliamo essere. Dobbiamo solo avere essere abbastanza determinazione per fare il primo passo.   Un'ultima riflessione che vuoi condividere con noi? Ok, ne farò due :-) Una l'ho già detto ed è il mio mantra: "Le parole hanno il potere di ferire o guarire; non sono mai neutrali. E io sono chiamata a usare parole che guariscono". L'altra è un'immagine. La cosa con cui veramente risuono ora è un albero di cedro: ha una corteccia ruvida ma morbida e fornisce riparo a molte creature; è bello nella sua forma vivente, ma anche quando si ammala. Nel momento in cui pensi che non abbia più alcun uso, diventa effettivamente un incredibile contenitore, un pezzo di mobile, o un oggetto per gli altri. Penso al mio corpo, alla mia vita e penso all'albero di cedro: abbiamo sempre un uso.    Le parole sono state tratte dall'intervista video con Dawn. STORIES è un progetto sociale che mira ad aprire nuove prospettive a coloro che desiderano vederle. STORIES è un progetto che ha l'ambizione di ispirare ogni persona a scoprire, coltivare e far brillare i propri talenti Possiamo lasciare il nostro segno nel mondo in molti modi. Ogni impronta, se costruisce per noi e per gli altri, ha uguale importanza.

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Talent Up incontra FFIND: la ricerca di mercato per ripartire dopo la pandemia. Europa e Stati Uniti, dati e opportunità. Conosco Ennio Armato, Global CEO di FFIND da oltre 10 anni.  Quando mi ha illustrato il suo progetto di webinar dedicati al racconto del vissuto della fase 1 COVID e mi ha chiesto se desiderassi partecipare non ho avuto dubbi. Insieme alla sua squadra, di grande valore professionale e di spessore umano, Ennio ha condotto uno studio su cinque Country Europee  e negli USA per rilevare esperienze, paure, speranze delle persone.   Nella visione cdi Talent Up, sintetizzata dal modello strategico, tutto parte dalle persone e dall'ascolto attivo. Per generare consapevolezza, empowerment e impatti positivi su performance e benessere aziendali e personali. Come avrei potuto lasciarmi sfuggire l’opportunità, peraltro interculturale, di leggere le evoluzioni sociali, dei bisogni, delle aspettative…attraverso la lente dell'approccio innovativo alla  ricerca promossa da FFIND?   Ennio, vuoi raccontare qualcosa della metodologia di ricerca utilizzata?   Viviamo in un momento storico in cui fare ricerca non è certo semplice: pensa a cosa significhi condurre interviste individuali in presenza o Focus Group con il distanziamento sociale! La tecnologia ha abilitato nuove modalità di interazione e noi abbiamo deciso di fare leva su di esse, a partire dai Social Media. La nostra soluzione di ascolto (non è pura raccolta dati, perché permette interazione in real time!) si chiama Cube Survey e può raggiungere persone in tutto il mondo, attraverso dei semplici post. Cube Survey rende possibile l’impossibile: con gli sponsored posts riusciamo a intercettare target che solitamente non si possono reperire sui panel. E il reperimento amplifica la sua potenza grazie alle ri condivisioni che gli utenti stessi fanno con chi ha caratteristiche e interessi simili ai loro.   C’è un importante studio nella progettazione del post, dall'immagine usata alla call to action:  tutto deve funzionare in modo coerente e sinergico per incentivare il target (giusto) a interagire.  Per questo studio nello specifico, “Quarantine Voices”,  abbiamo coinvolto le cinque  major Countries Europee e gli USA e somministrato due domande aperte e una chiusa, orientata a misurare il livello di "ottimismo" in relazione al futuro. E abbiamo utilizzato nel post l’immagine della maschera di Decathlon, piuttosto evocativa del periodo!     Come abbiamo letto i dati della ricerca in Talent Up Abbiamo deciso di procedere in modo qualitativo, per far emergere l’essenza, la Big Picture. E di fare da apripista agli altri protagonisti coinvolti nella maratona digitale di FFIND, perché potessero concentrarsi su dettagli numerici e  approfondimenti verticali. Sono emerse molte evidenze interessanti, tra cui:  1) Il 70% dei rispondenti ha indicato almeno 1 aspetto positivo del periodo di quarantena! Cosa significa? Che abbiamo naturalmente dentro di noi la capacità di trasformare i problemi in opportunità; di riuscire ad ampliare le prospettive e vedere oltre, altro. Le differenze culturali esistono ma ci sono aspetti che ci accomunano in quanto esseri umani: il bisogno di trovare il nostro centro, il nostro equilibrio, ad esempio la sintonia con il contesto in cui viviamo, con quello in cui lavoriamo l’adozione di ritmi e di modalità di lavoro che rispettino la natura: la nostra, di esseri umani e quella che ci accoglie, in cui siamo immersi. L’energia a disposizione è sempre la stessa e se non la ricarichiamo di esaurisce! la rilevanza di avere un contesto di lavoro in cui, come individui, la nostra espressione personale possa trovare uno spazio adeguato, così come la gestione del  il tempo (ad esempio tramite l’integrazione dello smart working e di tool digitali per la gestione della distanza) il disagio profondo che ci provoca la limitazione della nostra libertà la possibilità di rinunciare anche a spazi di libertà purchè ci sia un motivo per farlo e che questo motivo sia condiviso e non pretestuoso.    So what? Potenziatevi e potenziate le persone che sono il cuore pulsante dei vostri team e delle vostre aziende! Partite dall'ascolto, vero, profondo, attivo, perché è da li che vedrete le opportunità ed su quelle basi che potrete costruire la coesione e l’engagement, indispensabili per performare e generare benessere! Introducete nelle vostre aziende e nelle vostre famiglie modelli di ascolto e comportamento che riconoscano il valore di ciascuno. lasciate perdere la logica command & contril: non è più efficace (fatte salve rare eccezioni) e, anzi, può essere dannoso. Comunicate in modo chiaro e diretto   2) Per il 12% le relazioni sociali, alla ripartenza peggioreranno. Forse c’è il timore che “gli altri” non rispettino le regole e che si torni in lock down e che ciò generi spirali di aggressività. O di trovarsi in situazioni di rischio per la salute e la vita stessa. Oppure si teme che gli abbracci non potranno più essere quelli di prima...   La scelta di come saranno le relazioni sta a noi. A ciascuno di noi.     Non ho mai creduto nello slogan “Andrà tutto bene”. Credo molto invece nell’ “andrà come la faremo andare”. Con il nostro impegno, il nostro coraggio, il nostro senso civico, per quanto sta nella nostra sfera di influenza.  Abbiamo l’opportunità di rifondare modelli relazionali e culturali, per dare una prospettiva di vita e prosperità a noi stessi e ai nostri figli. Carpe diem.   

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