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VOCE ALTA, MESSAGGIO BASSO
Pubblicata il 09/12/2024
Alzare la voce può essere utile in alcune situazioni specifiche, ma è importante farlo con attenzione e consapevolezza.
 
In caso di emergenza, di pericolo, urlare è sicuramente una scelta funzionale: ci aiuta ad attirare l’attenzione per avere soccorso; ad allertare per proteggere; a spaventare (i malintenzionati) per allontanare…
Alzare la voce può poi essere necessario per comunicare in ambienti rumorosi, come ai concerti, a feste affollate; può essere adatto per dare la carica in contesti sportivi, per sottolineare un passaggio di particolare rilievo in un discorso pubblico…urlare di gioia può essere positivamente contagioso!
 
Resta il fatto che la ‘voce alta’ vada usata con parsimonia e sempre con l'intenzione di migliorare la comunicazione, non di intimidire o di dare sfogo (in un contesto sociale) a una reazione. In questi casi, infatti, alzare la voce raramente porta a farci ascoltare.
 
Quante volte ti è capitato di sentire un superiore o un collega alzare la voce nella frustrazione di un progetto in ritardo, di un errore nei dati, in una riunione all’accendersi del dibattito?Quante volte in famiglia hai sentito alzare la voce (o l’hai alzata) perché tuo figlio non ha fatto i compiti, il tuo compagno ha lasciato disordine in casa, hai ricevuto una risposta sgradevole in un litigio? Quante volte hai sentito alzare la voce (o l’hai alzata) per far prevalere la tua opinione su una diversa dalla tua?
 
In casi come questi, se alziamo la voce generalmente l’altro si chiude. Si isola.
 
Perché, se ‘ci urlano addosso’ troppo spesso, la nostra attenzione si sposta dal messaggio al fastidio, che il rumore ci procura.
E allora, ci dotiamo di tappi per le orecchie, chiudendoci in un silenzio protettivo. E ci restiamo probabilmente anche quando il nostro interlocutore alza la voce realmente per allertarci, risultando noi più esposti a rischi e il nostro interlocutore meno efficace.
 
Se vogliamo essere ascoltati, abbassiamo allora il volume e iniziamo ad ascoltare, per primi.
 
Ascoltiamo non solo le parole ma anche i gesti, le espressioni del volto, le emozioni…
Ascoltiamo con attenzione. E con intenzione, evitando di farci trasportare, schiacciare, dalle reazioni, dalla fretta, dalla voglia di risolvere.
 
Cerchiamo di comprendere di cosa ha bisogno l’altro, cosa è disposto ad accogliere, costruendo ponti.
Solo così potremo creare uno spazio di dialogo costruttivo, incontrandoci magari, intanto, a metà della via, facendo del bene a noi stessi, ai nostri team, ai nostri cari.

 

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Epifania e coaching: trasformarsi nell'accoglienza L'Epifania, celebrata il 6 gennaio, è una festività ricca di significati e tradizioni che si intrecciano attraverso la storia. La parola "Epifania" deriva dal greco e significa "manifestazione" o "apparizione". Nella tradizione cristiana rappresenta la rivelazione di Gesù Cristo ai Magi, simbolizzando un momento di grande importanza spirituale e di ricerca. Il suo culto si intreccia poi, probabilmente dal Medioevo, con la tradizione della Befana che porta dolcetti e carbone ai bambini, richiamando, nell’immaginario popolare, la ricerca del bene e della giustizia. Viene celebrata in vari modi, con tradizioni che variano da paese a paese. In Italia segna la fine delle festività natalizie. Come diceva mia nonna: “L’Epifania, tutte le feste si porta via”.     Epifania e coaching L'Epifania rappresenta un momento di rivelazione, un'esperienza di apertura e di scoperta, che risuona profondamente con l'essenza del coaching. Ci invita a riflettere non solo sul significato della manifestazione divina, ma anche sul potere trasformativo di ciò a cui riusciamo accedere attraverso la riflessione. Il coaching è un processo di sviluppo personale e professionale che si basa su una relazione di fiducia tra il coach e il coachee, in cui il coach funge da facilitatore, supportando il coachee nel suo cammino di auto-scoperta. Proprio come i Magi hanno intrapreso un lungo viaggio per seguire la stella che li avrebbe condotti a Gesù, il coachee è invitato a percorrere un sentiero di esplorazione interiore, dove la consapevolezza di sé diventa la luce che illumina il suo cammino. L'incontro tra i Magi e il Bambino Gesù è un evento carico di simbolismo: rappresenta l'accoglienza dell'ignoto e la capacità di riconoscere il sacro nelle nuove esperienze. Questo momento di rivelazione segna l'inizio di un cambiamento profondo nelle loro vite. Il viaggio dei Magi non è solo fisico, ma porta con sé anche una evoluzione interiore, un'apertura a nuove prospettive e a un rinnovato senso di scopo. Analogamente, nel coaching, la trasformazione avviene quando il coachee è disposto a nutrire nuove prospettive, ad accogliere le proprie emozioni, a valorizzare le proprie unicità e ad abbracciare la vulnerabilità e l’ignoto come parte del processo di crescita. Il coach sostiene il coachee nell’esercizio dell'empatia, non solo verso gli altri, ma anche verso sé stesso: la compassione e l'accettazione sono fondamentali per il benessere psicologico. Il coaching è dono, a noi stessi e agli altri: ci accompagna a vedere il nostro potenziale e a farlo risplendere; trasforma la nostra energia e il nostro impatto.   So what? Celebrando l'Epifania, possiamo trarre ispirazione per ascoltare la nostra voce interiore, promuovere il benessere e il successo, per noi stessi e per gli altri e costruire relazioni autentiche, con il sostegno di curiosità, apertura e accoglienza. L’Epifania è quindi un invito a riflettere sul nostro percorso personale e professionale, incoraggiandoci non soltanto a cercare la luce dentro di noi, ma anche a condividerla con il mondo; il coaching un mezzo per coltivare il benessere individuale e collettivo. In un mondo in cui spesso ci sentiamo disconnessi e isolati, l'arte del coaching e il messaggio dell'Epifania ci invitano a riscoprire il potere delle connessioni umane, per noi stessi e per gli altri.

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